Intervista a Rian da “La resa degli innocenti”

Qualche giorno fa, mentre spolveravo gli scaffali della libreria della mia stanza, mi è caduto a terra il volume di Irma Panova Maino “La resa degli innocenti”. Un mesto sorriso si dipinse sulle mie labbra e, improvvisamente, come in un dejavu, vidi il volto di una donna visibilmente provata. “Rian!” Pronunciai istintivamente.

Non avevo dubbi: dovevo incontrarla e intervistarla. Volevo conoscerla meglio e, possibilmente, scambiare qualche battuta con lei in uno dei rarissimi attimi di calma, se così possiamo chiamarla, del romanzo.

Aprii il libro andando a cercare il momento in cui Rian aveva appena scaricato tutte le sue munizioni contro Leonardo, un personaggio molto particolare dell’universo narrativo di Irma, e poi, dopo aver pronunciato il mio consueto incantesimo, entrai nel magazzino deserto in cui sapevo di poterla incontrare.

Appena apparsa nella stanza, mi trovai la canna della sua pistola che volteggiava minacciosamente davanti alla mia faccia. “E tu chi sei?” Pronunciò la voce roca di Rian mentre il suo sguardo penetrante come una lama di coltello mi scrutava da capo a piedi. Era esattamente come me la immaginavo: mi ricordava una di quelle eroine degli action movie.

Senza perdere di vista la sua pistola, frugai nelle mie tasche alla ricerca del tesserino da reporter, che porto sempre con me, e lo estrassi lentamente: “Sono Serena De Francisci, giornalista della rivista online “il Portale magico” sono qui per intervistarla. Posso farle alcune domande?” Chiesi con la voce un po’ tremante in un misto d’emozione e di timore. Rian sembrò titubare per un momento, poi abbassò l’arma, vedendo che la donna di fronte a sé non rappresentava un pericolo per lei. “Che genere di domande? Che sia chiaro, non sono stata io e non confermo nulla!”Affermò Rian tutto d’un fiato. La sua postura rimase rigida mentre, lentamente faceva sparire la pistola dietro la schiena. Accennai un sorriso: “Non si preoccupi, non sono qui per accusarla di nulla, anzi, voglio aiutarla a far venir fuori la verità. Ho seguito la sua vicenda fin dai primi attimi e mi ha colpito molto. Voglio solo conoscerla meglio.” Il mio tono si fece rassicurante.

La donna si sedette sopra una cassa, gettando un’occhiata all’interno del magazzino in cui ero riuscita a scovarla. Spostò il peso, sembrando un po’ a disagio, poi si sistemò il bavero del giubbotto, cercando di accennare a un sorriso. “Va bene… fai le tue domande. Ma se il tizio strano, che ora è sdraiato a terra (sembrando morto), si rialza e inizia a inveire contro di me… non farci caso, Leonardo è fatto così e, per la miseria, non muore mai!”

“Vedrò di non farci caso” Dissi con un sorriso. “So bene che Leonardo è un tipo strano, ma veniamo a noi: chi era Barbara prima che la scomparsa di Marco ti cambiasse radicalmente?” Rian trattenne il respiro e poi lo rilasciò lentamente, abbassò lo sguardo, fissandolo su un punto inesistente sul pavimento. “Chi era Barbara? Ci vai giù pesante, ragazza.” Disse con una punta di rabbia misto a sfida nella voce. Rialzò lo sguardo su di me e per un momento sembrò non voler rispondere. Poi, invece, con un sospiro e la voce che le tremava un poco, iniziò a parlare.

“Chi era Barbara… mi sembrano passati dei secoli, talmente tanto tempo che non mi ricordo nemmeno di averla vissuta, l’altra vita. Barbara era una donna normale, come te, una donna che sognava una casa, un marito, dei figli… persino un lavoro normale. Una persona, come tante, il cui pensiero era come organizzare la propria esistenza per fare la spesa, pagare le bollette e capire quale film guardare alla sera. Poi mi è arrivata la prima mazzata… quando è morto Davide, mio marito. Se non fosse stato per Marco, per quella vita meravigliosa che mi cresceva in grembo, forse non mi sarei mai rialzata da quella prima catastrofe. Ma la sfiga non arriva mai da sola, lo sapevi? Quando decide di infilarti nel suo mirino, di solito, poi ti fa a pezzi.” Un profondo sospiro uscì dalle mie labbra socchiuse come se volessi alleggerire la tensione per la valanga di parole cariche di dolore che mi erano arrivate addosso.

Trattenendo a fatica una lacrima, la fissai negli occhi e presi un bel respiro: “Non c’è che dire! Sei stata messa duramente alla prova dalla vita!” Esclamai forse con eccessiva enfasi, ma poi mi ricomposi “Sei davvero una donna tosta! Anche se non sono una mamma, immagino che Marco sia tutta la tua vita, soprattutto dopo la scomparsa di Davide, dimmi che tipo di bambino è?”

 

“Serena, posso darti del tu, vero? Marco… oddio, ma devi proprio farmi questa domanda?”La sua voce si fece più dura. Si alzò. Passeggiò nervosamente per qualche istante poi si fermò tornando a fissare il pavimento, come se sopra il cemento spoglio potesse vedere immagini di una vita precedente.

“Marco è un bambino meraviglioso, ma quale figlio non lo è per la propria madre? Anche Marco lo è, meraviglioso come qualsiasi altro ragazzino a dodici anni. Sai come sono i ragazzi di oggi, Serena? Sono curiosi, sono pieni di voglia di vivere… eppure sono così soli, così indifesi. Sono facili prede di chiunque abbia la cattiveria necessaria per fregarli. Loro si sentono tanto grandi, tanto capaci, così furbi, così “adulti” nelle chat, sui social, nelle interazioni con gli altri… invece non sanno niente! Non hanno alcuna difesa. E i predatori sono molto più furbi di loro!”

Osservando Rian che sfiorava le lame che aveva appese alla cintura, ebbi un piccolo sussulto, ma poi allentai immediatamente la tensione, la mia forte empatia mi fece capire che non aveva intenzione di usarle con me e un mesto sorriso affiorò sulle mie labbra. Mi avvicinai di un passo a lei stando attenta, comunque, a non urtarla troppo. Nonostante fosse molto gentile con me, sapevo che non era il momento di perdersi in abbracci.

“Come dici tu, non è affatto facile essere genitori adesso. Siamo bambini cresciuti che vogliono crescere altri bambini. Come ho già detto, non sono una mamma, ma vedo le mie amiche che hanno dei figli e le vedo, a volte, un po’ spaesate. Leggono tonnellate di libri dai titoli tipo “come crescere nostro figlio”, ma poi, quando vedono che non corrisponde a realtà ciò che è descritto in quei volumi, vanno in crisi. Mia madre e le mie nonne non hanno avuto questi supporti di carta, ma ci hanno messo tutto l’amore che hanno per allevare i loro figli. E, da quello che vedo, anche tu ci stai mettendo tutto l’amore che hai! Per quello che mi riguarda ti auguro di riuscire a beccare quei bastardi che hanno preso Marco!” Dissi con un tono d’incoraggiamento. “Hai deciso di seguire una pista precisa o stai andando alla cieca?”

“Hai ragione, Serena, ci vuole amore, tanto amore. E ci vuole anche tanto coraggio ad amare, soprattutto al giorno d’oggi. Decisamente è più facile essere egoisti e opportunisti. In ogni caso, ci vuole tanta incoscienza per continuare a seguire le mie piste, tu non hai idea dell’orrore che c’è là fuori… e non te lo descrivo nemmeno. Questo è un drago a cento teste. Un’idra. Tagli una testa e ne spunta fuori un’altra. Questa è una guerra senza fine ed è tutta colpa del genere umano, del fatto che sia proprio l’amore a mancare, del fatto che le persone si sono rassegnate e si sono adeguate all’orrore. E oltre ai colpevoli, cioè ai carnefici veri e propri, ci sono anche i testimoni, cioè quelli che sanno e non fanno nulla, che sono altrettanto colpevoli. L’indifferenza e la presunta ignoranza non alleggerisce la colpa di chi conosce la verità e fa finta di niente…”

L’ultima frase assomigliava a un sussurro e sembrava perdersi fra le ombre del magazzino deserto. Una lenta lacrima scese sulla mia gota sinistra e un brivido, misto tra angoscia e terrore, percorse la mia spina dorsale.

Non avevo paura a mostrarmi “nuda” e fragile di fronte a lei perché è stata lei per prima a non aver paura di mostrare la sua anima di fronte a me. La diffidenza di poco prima s’era allentata molto e ora sapevo di poterla fissare negli occhi senza temere di ricevere uno sguardo tagliente da parte sua.

“Non arrenderti mai!” Le dissi con decisione e sincero affetto. “Forse questa è davvero una lotta impari contro un mostro troppo potente da sconfiggere, ma per i nostri cari, sopratutto per i nostri figli, vale la pena combattere e rischiare fino all’ultimo dei nostri respiri!”

Con un passo deciso, mi avvicinai ancora a lei. La voglia di far sentire la mia sincera vicinanza vibrava forte nei miei sensi. “Ehi ragazza! Non vorrai mica abbracciarmi, vero?”

Rian fece un passo indietro, ma nei suoi occhi finalmente brillò qualcosa di umano. Nel frattempo, un rumore attirò l’attenzione di entrambe.

Leonardo, il presunto cadavere, si spolverò le maniche della giacca mentre, stando ancora seduto sul pavimento di cemento, brontolava improperi. Vedendo Leonardo che si rialzava, ebbi un leggero sussulto, ma poi mi ricordai le parole di Rian e cercai di mantenere la calma. Fissai Leonardo negli occhi con aria di sfida e con profondo rispetto nel contempo. “So che ci rivedremo, prima o poi, sii gentile quando mi ritroverai”.

Un mesto sorriso affiorò sulle mie labbra. Sapevo chi era lui, ma non volevo rivelarlo a Barbara. “Desideravo solo darti una stretta di mano per incoraggiarti” dissi con un sussurro a Rian mentre la fissavo negli occhi. Rian prese la mia mano quasi con tenerezza, ben sapendo che la “tenerezza” era un sentimento che non si poteva permettere. Indugiò poco in quel contatto e si scostò rabbrividendo poi riprese la pistola da dietro la schiena. “Ed ora, amica mia, ho altro lavoro da fare. Quelle bestie non dormono e non si concedono pause. Però, fammi un favore, se ti dovesse capitare di incontrare Joe… sai chi è Joe, vero? Digli che gli mando i miei saluti.” “Te lo saluterò, stanne certa!” Esclamai con un ampio sorriso. “Ora devo andare! Racconterò di te ai miei lettori.” Schioccando le dita svanii e la storia riprese da dove s’era interrotta. Quando tornai a casa, senza frapporre indugio, mi misi immediatamente al PC e feci ticchettare velocemente i tasti come per timore di perdere anche il minimo particolare di quel bizzarro e coinvolgente incontro.

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